Il nostro paese perde quasi due metri quadrati di suolo non artificiale ogni secondo
Stando all’edizione 2021 del report “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” curato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) in collaborazione con l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e con le Agenzie per la protezione dell’ambiente delle Regioni e delle Province Autonome, nel 2020 le nuove coperture artificiali hanno consumato, in media, oltre 15 ettari di suolo ogni giorno. Al contrario, l’estensione degli appezzamenti convertiti da suolo consumato ad aree naturali e agricole è di soli 5 km². Neppure i mesi di lockdown hanno portato a un arresto del consumo di suolo: il cemento impermeabilizza almeno il 7,11% dell’intero territorio nazionale, mentre la media europea si attesta al 4,3%. I principali cambiamenti rilevati nel corso del 2020 si concentrano nella pianura padana a nord del Po in Lombardia e Veneto, nell’Emilia-Romagna centrale, nelle aree metropolitane di Roma, Milano, Napoli, Bari e Bologna e lungo le coste marchigiane, abruzzesi e pugliesi.
Con consumo di suolo si intende la variazione da una copertura non artificiale a una artificiale del suolo. La perdita progressiva di suolo non artificiale è un processo dovuto alla costruzione di nuovi edifici, capannoni e insediamenti, all’espansione delle città, alla conversione di terreno entro un’area urbana e all’infrastrutturazione del territorio. Il degrado del suolo porta alla perdita di produttività biologica e di biodiversità, delle funzioni e della capacità di fornire servizi ecosistemici. Visti i lunghi tempi di formazione del suolo, questo è riconosciuto come risorsa limitata sostanzialmente non rinnovabile.
Se negli anni Cinquanta ogni italiano aveva a disposizione 160 m² di cemento, nel 2020 un italiano ne ha a disposizione circa 360 m². Il legame tra la demografia e i processi di consumo di suolo non è diretto: assistiamo a una crescita delle superfici artificiali nonostante la stabilizzazione, anzi, in molti casi la decrescita dei residenti sul territorio nazionale.
Cosa comporta un consumo eccessivo di suolo?
Secondo quanto emerge da un’analisi diffusa da Coldiretti, negli ultimi 25 anni l’Italia avrebbe perso più di un terreno agricolo su quattro. La superficie agricola utilizzabile sarebbe già ridotta a 12,8 milioni di ettari a causa della cementificazione e del consumo di suolo coltivato. La scomparsa di terra fertile non pesa solo sugli approvvigionamenti alimentari: il suolo sepolto sotto il cemento dal 2012 a oggi non ha garantito l’assorbimento di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana. Il consumo eccessivo di suolo incide sul benessere degli ecosistemi e riduce la diversità del paesaggio. Inoltre, il degrado ecologico causato dalle aree cementificate è legato alla diffusione di specie alloctone e di predatori in branco.
In Italia si stima una perdita potenziale di circa 4.154.559 quintali di prodotti agricoli tra il 2012 e il 2020.
Il report curato da SNPA mostra come la maggiore riduzione stimata a causa del consumo di suolo sia avvenuta nella classe dei seminativi, con una perdita di 2.533.940 quintali di prodotti, seguita dalle foraggere (-974.403), dai frutteti (-307.691), dai vigneti (-247.670) e dagli oliveti (-90.853). Valori simili sono stati osservati tra il 2006 e il 2012, con una perdita minore per la classe dei frutteti e degli oliveti, ma con una perdita quasi doppia per i vigneti.
Di Redazione, da Sementi News numero 6 luglio/agosto 2022